Il giorno dopo non avevo dormito.
Continuavo a pensare a lei. Al suo viso, al modo in cui i suoi occhi si erano aperti — quel gelo che non era solo nei colori, ma nello sguardo. E poi quella strana assenza di paura. Come se non fosse affatto sorpresa di trovarsi lì, in casa di uno sconosciuto.
Ma più di tutto, mi restava addosso il fatto che fosse sparita così. Senza un rumore. Senza lasciare tracce, se non la porta socchiusa e la tazza ancora calda sul tavolo. Come se non fosse mai stata reale.
Mi sentivo stupido. Come se mi fossi inventato tutto.
Eppure… quella sera, mentre uscivo dal piccolo market all’angolo tra Washington Street e Fourth, la vidi.
Era lì.
In piedi, sul lato opposto della strada, davanti alla vetrina del negozio di antiquariato chiuso da mesi. I capelli sciolti, la giacca leggera, gli occhi chiari come vetro sotto il cappuccio grigio.
Elita.
Mi bloccai di colpo.
Lei mi guardava. Immobile.
Attraversai la strada. Non sentivo freddo. Solo una specie di corrente elettrica che mi partiva dallo sterno e mi correva lungo le braccia.
— Ehi – dissi, ansimando leggermente. – Dove sei finita stanotte?
Lei inclinò la testa di lato, come se stesse osservando qualcosa dentro di me.
— Mi sono svegliata e non mi ricordavo chi ero– disse piano. – Mi sono spaventata. Ho pensato che fosse meglio andarmene. Ricordavo dove abitavo. -
— Scappare nella tormenta in mezzo al nulla era la scelta logica?
Lei sorrise appena.
Un sorriso triste, colmo di qualcosa che non capivo.
— Non lo so. Ma sono ancora viva, no?
— Sì. E sembri anche in salute, nonostante indossi solo scarpe da ginnastica. -
Abbassò lo sguardo. Indossava delle sneakers consunte. Nessuna calza visibile.
— Hai freddo? – chiesi.
Scrollò le spalle.
— Non più di quanto mi aspetterei.
Ci fu un silenzio. La gente passava a fianco a noi, infagottata nei cappotti, senza nemmeno guardarci.
Io la fissavo. Non riuscivo a smettere.
Non era solo bella. Era… presente. Troppo. Come se riempisse lo spazio intorno.
E poi lo dissi. Senza pensarci.
— Vieni a bere qualcosa con me?
Mi guardò. E per un attimo credetti che avrebbe detto di no.
— Va bene.
9Please respect copyright.PENANAmEY2Jay5xv
Il bar non era lontano. Un posto caldo, con luci soffuse e musica di chitarra che scendeva come una voce rotta. Ci sedemmo in fondo, vicino alla finestra appannata.
Le ordinai una cioccolata. Stavolta per davvero.
Lei la prese tra le mani, e per qualche secondo non disse nulla. Solo inspirò il vapore lentamente, come se stesse assaggiando l’odore prima ancora del sapore.
— È buono – sussurrò.
— Te l’ho detto. La cioccolata calda di Marquette non si batte.
Lei mi guardò.
— Non sei arrabbiato con me?
— Perché dovrei?
— Sono sparita. Dopo che mi hai aiutata.
— Non ti conosco. Tu non conosci me. Forse… è tutto qui il bello.
Un altro silenzio.
Ma non era vuoto.
Era pieno.
Come se i nostri pensieri si fossero appoggiati sul tavolo tra le tazze, uno di fronte all’altro, e si stessero studiando in silenzio.
— Hai detto che non ricordi nulla di ieri sera ? – chiesi piano.
— Solo il mio nome. Elita. Il resto… è nebbia. Sensazioni.
— Sei andata in ospedale?
Scosse la testa.
— Non voglio che qualcuno mi rinchiuda. Né che mi classifichino.
— E se avessi bisogno di cure?
— Tu mi sembri preoccupato – disse, inclinando appena le labbra. – Ma non sembri spaventato.
La guardai negli occhi.
— Non lo sono.
— Dovresti?
— Non lo so ancora.
Lei rise. Un suono basso, corto.
Poi si fece seria. Molto seria.
— Mi stai ancora cercando dentro?
— Sì.
— E cosa vedi?
— Non lo so...- risposi d'istinto.
Lei abbassò lo sguardo. Respirò a fondo.
Poi si sporse lentamente verso di me, come se il tempo si fosse addensato tra le nostre bocche.
Non compresi ancora come tutti ciò accadde solamente in 24 ore...
Le sue dita sfiorarono le mie sul tavolo. Non prese la mia mano, no.
Solo… sfiorò.
— Alex…
— Sì?
— Posso baciarti?
Il cuore mi si fermò. E poi riprese, con un tonfo.
— Solo se poi non sparisci di nuovo.
E allora accadde.
Le sue labbra toccarono le mie. Fredde. Poi calde .
Il bacio fu lento. Non esitante.
Le sue mani mi salirono sul viso, leggere, decise.
E per un istante — un solo istante — mi sembrò di non essere io.
Come se stesse leggendo dentro di me.
Ogni pensiero. Ogni cicatrice.
Mi staccai, confuso. Ma lei restò vicina.
— Scusami – mormorai.
— Non scusarti.
Hai solo… sentito.
— Sentito cosa?
Lei sorrise. Ma non rispose
ns216.73.216.65da2