avevo mai visto una neve così.
C’era qualcosa di sbagliato nel modo in cui cadeva: non in fiocchi leggeri, ma in masse contorte, spinte dal vento come se qualcuno lassù stesse cercando di cancellare la città. I fari della macchina tagliavano il bianco a malapena, e ogni tanto sentivo la carcassa del mio pick-up scricchiolare sotto la morsa del gelo.
Avevo finito il turno al cantiere con i pantaloni inzuppati e le dita che non rispondevano più da ore. Una birra, un letto e silenzio: l’unica cosa che desideravo.
Eppure, mentre guidavo sulla County Road 550, in mezzo al nulla ghiacciato tra il lago e le colline, accadde qualcosa.
Un colpo secco.
Qualcosa che urta.
Un corpo.
Frenai di scatto.
Il retrotreno slittò per un istante, poi la macchina si fermò con un rantolo.
Silenzio. Solo il sibilo del vento.
Scesi.
Il gelo mi tagliò la pelle appena uscii dall’abitacolo. La neve mi frustava il viso, e la visibilità era inferiore a un metro. Ma sotto ai fari, sulla strada, vidi una forma.
Una figura umana.
Corsi.
Era una ragazza. Distesa di lato, i capelli sparsi come inchiostro sulla neve.
Il cuore mi esplose nel petto.
— Ehi! Ehi! Mi senti?
Mi inginocchiai accanto a lei. Il viso era pallido, quasi trasparente. Gli occhi chiusi. Respirava.
Dio, respirava.
Le toccai il polso. Vivo. Freddissimo.
— Non posso lasciarti qui — mormorai.
La sollevai tra le braccia, e lei non emise suono.
Leggera come una piuma. Il suo corpo era rigido, ma intatto. Nessun sangue visibile, nessun osso sporgente. Forse era solo svenuta.
Speravo.
Le strade erano sepolte sotto uno spesso manto bianco e l'ospedale più vicino era ad un ora di strada..
10Please respect copyright.PENANAAhAuyMeJ3E
La baita non era lontana. Una costruzione vecchia, due stanze, riscaldamento elettrico e un generatore che funzionava quando voleva.
Ci arrivai dopo dieci minuti, col parabrezza che sembrava sabbia opaca.
Portai la ragazza dentro senza nemmeno togliermi gli stivali.
La adagiai sul divano.
Accesi il camino con le mani che mi tremavano, lanciai due tronchi dentro e accesi anche il termosifone d’emergenza.
Solo allora la osservai davvero.
Bellissima.
Non nel senso da rivista. Qualcosa di più crudo, più vivo.
I lineamenti affilati, le labbra livide. Aveva addosso solo un maglione e una giacca leggera, niente cappello, niente guanti.
Come se fosse comparsa lì fuori dal nulla.
Le tolsi le scarpe, le calze gelate. Presi una coperta e gliela avvolsi addosso.
Poi restai lì, inginocchiato accanto a lei.
Non sapevo che altro fare. Solo ascoltare il crepitio del fuoco.
10Please respect copyright.PENANAYDbfCedSUw
Passarono forse due ore. Forse tre. Mi ero seduto accanto al tavolo con una cioccolata calda tra le mani, la stessa che preparavo per me da bambino quando il freddo mi entrava nelle ossa.
La stavo guardando.
Fu allora che si mosse.
Il suo petto si sollevò più forte. Le dita si mossero. Poi le palpebre.
E quando aprì gli occhi, mi fissò dritto.
Erano azzurri. Ma non azzurri come il cielo.
Azzurri come il ghiaccio. Quello puro, che si forma solo nelle notti in cui nessuno dovrebbe uscire di casa.
— Dove sono? – mormorò.
— Sei… sei a casa mia. Ti ho trovata per strada.
Ti ho investita, credo. O ti sei trovata davanti all’ultimo secondo.
Non lo so. Ma ti ho portata qui. Non potevo lasciarti là fuori.
Si guardò intorno.
Poi si mise lentamente a sedere.
La coperta le scivolò sulle spalle, e per un attimo vidi il collo, le clavicole, il respiro rapido.
— Ricordi il tuo nome? – le chiesi, senza avvicinarmi.
Lei ci pensò un attimo. Si portò le dita alla tempia. Scosse la testa.
— Non lo so.
No…
Aspetta.
Elita.
Mi chiamo Elita.
— Piacere… io sono Alex.
— Mi hai salvata?
— Diciamo che ti ho trascinata fuori da una bufera.
Se avessi avuto un minimo di segnale, ti avrei portata all’ospedale.
Ma… non potevo.
Lei mi guardò.
Non con paura. Nemmeno con gratitudine.
Con curiosità.
— Non mi hai fatto niente mentre dormivo, vero?
Scoppiai a ridere. Un suono nervoso, ma sincero.
— Cristo, no. Ti ho messa vicino al fuoco, e ho acceso la cioccolata. Tutto qui.
— Hai una cioccolata?
— Te la preparo.
10Please respect copyright.PENANAqG2NRnOsgb
Quando tornai con due tazze fumanti, Elita era scomparsa.
La coperta a terra. La porta d’ingresso leggermente aperta.
Fuori, solo la neve.
La cercai per ore. Sotto il portico. Tra gli alberi. Sul sentiero.
Ma era svanita.
Come se non fosse mai esistita.
ns216.73.216.65da2